La terapia cognitivo-comportamentale trae le sue origini dalla terapia cognitiva della depressione e dei disturbi di ansia e dalla terapia comportamentale.
E’ il trattamento d’elezione per la Bulimia Nervosa ma viene adottata con successo anche nell’Anoressia Nervosa e nel Disturbo da Alimentazione Incontrollata.
Il modello cognitivo proposto per i Disturbi Alimentari considera come principale responsabile degli atteggiamenti e dei comportamenti anoressici e bulimici, la presenza di cognizioni (pensieri) errate o distorte.
Nella terapia cognitivo-comportamentale vengono pertanto affrontati i comportamenti alimentari scorretti e lo stile cognitivo /stile di pensiero) correlato.
La terapia cognitivo-comportamentale è costituita essenzialmente da tre fasi principali.
Nella prima fase vengono date al paziente informazioni sul disturbo, si mira alla riduzione delle abbuffate regolarizzando la frequenza e la composizione dei pasti e utilizzando attività alternative alle crisi bulimiche.
Nella seconda fase l’obbiettivo è quello di migliorare la qualità e la quantità dell’alimentazione, di affrontare il pensiero di dieta, di riconoscere le situazioni a rischio e far pratica di esercizi di “soluzione di problemi” (problem solving).
Nella terza fase vengono consolidati i risultati ottenuti e viene affrontato il tema della prevenzione delle ricadute.
Una tecnica molto utile è l’uso del diario alimentare (automonitoraggio), in cui vengono registrate dalla paziente modalità e quantità dell’alimentazione, successivamente analizzate e discusse con il terapeuta, insieme alle emozioni e alle convinzioni legate al cibo.
Attraverso questa tecnica le pazienti apprendono a riconoscere e ad affrontare situazioni e comportamenti a rischio.
Una delle “accuse” mosse alla terapia cognitivo-comportamentale è quella di non affrontare i problemi globali della persona, ma di limitarsi agli aspetti sintomatologici del disturbo. In realtà, anche se è vero che nelle fasi iniziali del trattamento ci si focalizza soprattutto sulla gestione della fase “acuta” del Disturbo Alimentare (come ad es. lavorare sulla diminuzione degli episodi di digiuno, di vomito e/o di abuso lassativi e della frequenza delle crisi bulimiche), nelle fasi successive la terapia prevede di affrontare tutte le problematiche che presentano una connessione con il Disturbo Alimentare e, soprattutto, le difficoltà familiari e relazionali, lo sviluppo di una fragile autostima e le possibili cause che hanno favorito lo sviluppo del Disturbo Alimentare.